Chi frequenta questo spazio sa che sono un’assidua lettrice di riviste letterarie e di collettivi di scrittura. Amo scoprire nuove storie e nuove voci. Oggi incontro Tre racconti. Un gruppo di lettori che vuole scardinare tutti gli stereotipi che da sempre accompagnano i racconti. Una rivista ben curata nella grafica e nei contenuti che vuole appassionare i lettori alla forma breve.
- Cos’è Tre Racconti?
Tre racconti è uno spazio che promuove la forma del racconto. È un sito che ospita recensioni e approfondimenti su classici e novità, è una rivista trimestrale che pubblica tre racconti brevi. È una redazione di nove persone affiatate che provano a confezionare un prodotto culturale. Ci riusciamo? Chissà, ma di sicuro Dante sarebbe orgoglioso della nostra numerologia.
- Che caratteristiche deve avere una storia per entrare a fare parte di Tre Racconti?
Quando abbiamo iniziato la nostra avventura non ci siamo dati molti limiti. Non ci interessano le distinzioni di genere o stile, ciò che c’importa veramente è la qualità dei racconti. Oltre al limite di battute. Quello che cerchiamo sono storie che non svaniscano dalla mente cinque minuti dopo averle lette.
- Cosa la distingue dalle altre riviste letterarie?
Probabilmente il pensiero che sta dietro alla nostra nascita. Le riviste nascono con motivazioni differenti: promuovere una certa visione della critica letteraria, dare spazio ad autori innovativi o a generi precisi, a volte lo stimolo è il semplice “fare una rivista”. E Tre racconti è anche tutto questo; la differenza è che noi abbiamo messo al centro della nostra missione il racconto, non la rivista, che è solo una parte (seppur importantissima) del progetto.
- Fate editing sui testi che vi arrivano? C’è uno scambio tra gli autori e la redazione?
Sì, perché pensiamo che supportare gli autori durante il processo di revisione possa aiutarli a diventare più consapevoli della propria scrittura. Pubblicare un racconto su una rivista letteraria può essere un trampolino di lancio, perché non presentarsi al meglio? Perciò l’editing rappresenta una fase importante della nostra attività, ed è anche un’occasione per allenare il nostro spirito critico. È uno scambio a tutti gli effetti. Quando abbiamo intervistato David J. Poissant ci ha detto una cosa illuminante: “Quando hai cinquemila parole devi lavorare su ogni singola parola, non ci sono scuse perché ogni parola non sia perfetta, al posto giusto. Invece il romanzo ha centinaia di migliaia di parole, non avrai mai un romanzo perfetto.”
- Oltre alla rivista, sul vostro blog fate un continuo lavoro di ricerca e di proposizione dei racconti. C’è davvero così tanta diffidenza nei confronti delle storie brevi?
Basta osservare la proposta editoriale attuale. Escluse alcune importanti eccezioni, dovute più che altro al coraggio di piccole case editrici, a grandi classici in perpetua ristampa o al successo di alcuni grandi autori in seguito alla vittoria di qualche premio internazionale (come Alice Munro), i racconti sono ancora una forma poco compresa in Italia. La conseguenza è che la qualità generale ne risente: l’ultima raccolta di racconti ad aver vinto lo Strega lo ha fatto nel 1999, vent’anni fa. Perchè io, scrittore, dovrei cimentarmi con una forma che non vince, non viene pubblicata, non viene letta? Certo, esistono le riviste letterarie, ma siamo i primi a riconoscere di essere la nicchia della nicchia: a leggere le riviste sono quasi esclusivamente gli addetti ai lavori o lettori molto forti. Per questo, per noi è importante fare divulgazione: per provare a creare una comunità appassionata al tipo di storie che pubblichiamo.
- Avete dei rapporti con le case editrici? C’è qualche autore di Tre Racconti che è arrivato a pubblicare con qualche casa editrice?
Solo rapporti protetti. Nel senso che non siamo legati a nessuna casa editrice, ma con alcune di loro abbiamo cordiali rapporti di vicinato. A noi interessa rispecchiare l’attuale situazione della narrativa breve in Italia, e questo passa anche dalle ultime pubblicazioni mentre alle case editrici interessa trovare nuovi autori e capire quali sono le tendenze di chi legge: ci leggiamo a vicenda, e certe volte nascono delle belle collaborazioni. È proprio di qualche settimana fa la notizia che il racconto di una nostra autrice è stato pubblicato da Giunti scuola in un’antologia. Ne siamo contenti, oltre che per l’autrice, anche per il nostro lavoro: è una conferma che siamo sulla strada giusta.
- Come si riconosce una voce?
È una questione di sensibilità artigianale, come il cuoco che decide che la crema pasticcera è pronta, una di quelle competenze che puoi affinare solo dopo aver letto 100, 200, 1000 racconti, e non per forza tutti belli. Certo, è quantificabile in qualche modo, ma al tempo stesso comprende moltissime variabili. Al primo assaggio del racconto si deve già riconoscere un sapore nuovo, anche se ogni volta si presenterà in maniera diversa. In fin dei conti il racconto è la forma di narrazione più antica della storia, ed è quasi impossibile aspettarsi l’originalità assoluta, è molto più importante invece confrontarsi con le aspettative del lettore. Ecco, da questo punto di vista cerchiamo di essere dei superlettori, e allenare molto le nostre papille gustative, assaggiando più racconti possibili. Una delle nostre fortune è avere all’interno della redazione persone con gusti letterari differenti, una cosa molto utile quando si tratta di giudicare un testo. Siamo anche dei gaudenti edonisti perciò, oltre a leggere, ci ritroviamo per dei sontuosi banchetti ogni volta che la vita ce lo permette, ma questa è un’altra storia.
- Chi c’è dietro a TRE RACCONTI?
Diecimila scimmie che schiacciano a caso diecimila tastiere di computer. Non sarà Shakespeare, ma è già un grande risultato. Primati a parte, tre anni fa avremmo risposto parafrasando la nostra presentazione sul sito: “nove lettori animati dall’amore per le cose scritte bene e dalla volontà di condividere con altri appassionati quello che hanno capito sui racconti, ognuno secondo il suo personale percorso e la propria sensibilità”. Questo è ancora vero e lo sarà sempre, ma dopo nove numeri e lo scontro continuo con grafica, impaginazione, editing e tutte le altre attività più o meno visibili, ci sentiamo più nove avventurieri che esplorano con determinazione ogni aspetto di una produzione editoriale dignitosa, seppur volatile, come può esserlo una rivista digitale.
- In ogni numero della rivista oltre ai tre racconti c’è un fumetto. Questa vostra scelta è solo uno degli esempi della versatilità del racconto e della forma breve. Com’è nata questa idea di contaminazione?
E non è l’unico esempio, altre volte ci è capitato di lasciarci “contaminare” da qualche variazione sul tema, dalle ballate di Bob Dylan agli albi illustrati di Manuele Fior. All’inizio era solo una maniera simpatica per compensare il rigore con cui stavamo presentando il nostro progetto, ma grazie al lavoro di Marco Capra, il fumetto è diventato un appuntamento fisso e un’occasione di confronto diretto con quel mondo che negli ultimi anni sta cercando di affermarsi come forma d’arte autonoma. Ha qualcosa a che fare con il “vedere” un racconto, un po’ quello che accade attraverso l’editing o durante una lettura più consapevole, cambiare prospettiva è un altro modo di apprezzare una buona lettura svelando i suoi meccanismi più sottili.
- Una delle cose che adoro tantissimo della vostra rivista è l’editoriale. Mi piace l’idea di essere condotta per mano alla scoperta dei racconti che compongono il nuovo numero della rivista e i continui riferimenti ai grandi scrittori.
Grazie, fa sempre parte dell’idea originaria di Tre racconti: vogliamo offrire qualcosa di più di tre storie ogni tre mesi. Selezioniamo i racconti da pubblicare in base a diversi criteri e, quando ci troviamo a costruire un nuovo numero della rivista, immaginiamo una direzione precisa: l’editoriale serve a introdurre il lettore al percorso che abbiamo pensato per lui, offrendogli una delle chiavi di lettura possibili. È ovvio che ognuno può individuare la propria, e scoprire più significati e connessioni di quelle che appaiono a un primo sguardo.
- Negli ultimi mesi stiamo assistendo alla nascita di numerose riviste letterarie on-line. Come per i libri c’è il grosso rischio che ci si ritrovi con più riviste che lettori. Al netto degli entusiasmi iniziali creare una rivista è un lavoro faticoso fatto di incastri e di precisione. Questo proliferare di riviste può essere un bene per tutti o rischia di abbassare il livello delle proposte?
Nella maggior parte dei casi, la vita delle riviste è effimera, ed è giusto che sia così: sono un side project lungo la strada per qualcos’altro. Chi fonda una rivista poi prova a essere editore, scrittore, critico, grafico, e un prodotto agile e flessibile come una rivista è la palestra perfetta. D’altro canto, l’istituzionalizzazione del dilettantismo è uno dei problemi della società contemporanea. Il rischio che una rivista mediocre, senza revisione editoriale e senza tutti quei piccoli particolari che fanno un prodotto di qualità, emerga a dispetto della qualità esiste. In fin dei conti, però, se ci sono molte persone che vogliono arricchire l’offerta culturale non possiamo che essere contenti: è una bella cosa, è stimolante, e ci spinge a fare sempre meglio. Se ci fossimo solo noi, senza nessuno da inseguire o nessuno a inseguirti, forse non avremmo la stessa motivazione a perfezionarci.
- Domanda da un milione di dollari: consigli di lettura per abbandonare i pregiudizi sulle storie brevi e innamorarsi definitivamente dei racconti.
Dare consigli è affare complicato, e darne uno che vada bene per chiunque lo è ancora di più. Scoprite piuttosto se tra gli autori che amate di più ce ne sia uno che abbia scritto e pubblicato racconti (scoprirete che in molti lo hanno fatto) e cominciate da quello, almeno sull’autore non avrete pregiudizi.
Grazie Tre racconti!
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