Una settimana di racconti #117

Mi piace fantasticare su quali saranno gli autori che troveremo domani negli scaffali delle librerie. Se posso farlo è anche grazie al lavoro che fanno le riviste letterarie e i collettivi, che continuano a dare la possibilità agli scrittori di poter condividere i loro racconti senza necessariamente dover aspettare di farne un libro, agli autori sconosciuti di muovere i primi passi e a noi lettori di scoprire in che direzione muoverà la letteratura di domani. Fortunatamente di riviste (di carta e online) e di collettivi ce ne sono tantissimi ma sfortunatamente non ho il tempo di leggerli tutti .

Questa non è una classifica ma solo un riepilogo dei racconti che ho letto e che mi sono piaciuti questa settimana.

Si sentiva ridicolo, ma anche umiliato. Provava sempre una strana forma di vergogna di fronte ai rimproveri della zia, vergogna per se stesso, per ciò che era e per ciò che non era. Veniva sempre giudicato per il suo aspetto, per quello che eccedeva. Come se un dettaglio in più invece che accrescerne il valore d’insieme facesse la differenza in termini esclusivamente qualitativi.

Appendici caudali di Valentina Ramacciotti su Spore

Quello che siamo stati.

Una tradizione non è crudele: è una tradizione. E ogni sacrificio, per quanto ferino o efferato, è inesorabile. Per questo aspettiamo che l’uomo con le corde torni a impiccarci, e aspettiamo con la tranquillità di chi apparecchia la tavola per il ritorno dei propri cari, incastrando le simmetrie disperse di piatti e posate, e manda le figlie a raccogliere fiori nel campo quadrato dietro casa.

Asterione di Eleonora Daniel su Altri Animali

Pronti ad affrontare il proprio destino.

Il giurato centrale, quello che aveva avviato la musica, fece di nuovo un gesto, e la melodia si fermò. Noemi perse il tempo e, per non cadere, si tenne in equilibrio con le braccia aperte.
«Tiè, pare ʼn Cristo en croce» disse Rovazzi.
Morena, che stava osservando la scena con i pugni chiusi sulle labbra, si allarmò. «Ma perché dice così? Mica è vero».
«Zitta ʼn poʼ, me sa che mo je fanno le domande».
«E che vor diʼ, è ʼn brutto segno?»
«Dipenne…»

Bella de casa di Beatrice Galluzzi su Verde rivista

Sfondare.

“Sono vergine” non riesco proprio a dirlo.

Nemmeno che non ho mai visto un uomo nudo.
Non so se voglio fare sesso, ho paura che potrei pentirmi, visto che non potrei tornare indietro, poi.
Ma io odio essere vergine, non mi importa nemmeno di esserlo, non voglio conservarmi per nessuno.

Cibo per i pesci di Elena Lo Muzio su Malgrado le mosche

Prime volte.

Dovrei mettermi in fila anch’io, stare ferma tra cielo e terra, insieme ai faggi. Ma ecco che un raggio di sole si inclina e mi entra negli occhi, tutto si infuoca e trasalisco. Controllo il sentiero dietro e davanti: non c’è nessuno. Allora corro. Corro e lascio che i muscoli si esaltino. Inciampo nei rami, ma non fa niente: ho una crisi di gioia. Prendo velocità e tutto scompare, tutto si riduce alle sequenze captate dagli occhi: schegge di bosco, macchie di colore. Il mio corpo sparisce: io sono i miei occhi.

Dispar’hêtre di Sharon Vanoli su Neutopia

Cercarsi.

Il feed me lo immagino come una materia di viscosità simile al dentifricio con microgranuli: bisogna imparare a nuotarci, ma la visibilità non è mai ottima. Questo tizio con il casco, lui nel feed ci sguazza proprio, è in grado di saltare da un layer all’altro attraverso dei wormhole ironici; se non stai attento te lo ritrovi alle spalle che ti ha già appiccicato un meme sulla schiena – bisogna galleggiare nell’ironia, volteggiarci: se vai troppo in profondità sei un cretino.

L’era dei dati fossili di Francesco Quaranta su Squadernauti

Sogni nostalgici.

Sbrigato il cerimoniale delle istruzioni, Don Naiolo si frugava brevemente e con affanno, investigava trafelato nelle tasche della tonaca, tirandone fuori (con sollievo) una tua immaginetta spiegazzata. Col tipico gesto dell’arbitro che ostenta il cartellino, la mostrava per un attimo all’assemblea dei contendenti (dischiusi in due come nell’Esodo il Mar Rosso) e subito avvicinatala al viso, la sfiorava con le labbra, simulando e rievocando ad un tempo il famoso bacio di Giuda.

La domenica sportiva di Pietro Pancamo su Salmuria

Il lastricato cammino della gloria di Dio.

Tutti i telegiornali parlano di Melinda, sullo sfondo alle spalle dei giornalisti c’è una sua fotografia, di quelle scattate col telefonino e in cui sembra essere felice. Aveva i capelli biondi e un paio di occhi blu acquosi, sottolineati da una linea scura di trucco. Nessuno mi ha spiegato perché era tra i sassi, ma penso che non lo sanno neanche loro.

Melinda di Carlotta Centonze su inutile

La perdita dell’innocenza.

Buone letture!

 

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