dalla bizzarra collaborazione tra Francesco Spiedo e Modestina Cedola
Da qualche parte dobbiamo cominciare
Quando abbiamo iniziato a raccogliere i dati credevamo sarebbe stato un gioco a cui avremmo giocato poco, sì è una citazione, ma poi ci siamo fatti trascinare dalla corrente. Abbiamo preso il largo in questo mare di nomi, dati e storie senza avere uno straccio di mappa, una mezza idea di navigazione e nessuna competenza in materia di orientamento astrale – ancora non abbiamo idea di quale sia la Stella Polare, per capirci.
Che dici, ci occupiamo solo degli scrittori? Eh, e gli editori che facciamo? A questo punto anche i libri, dovremmo parlare dei libri. Sì, però le cinquine? C’è chi è arrivato tanto così a vincerlo. C’è quell’autore di cui neppure Madre Teresa delle Enciclopedia – Wikipedia per gli amici – ne sa niente, scomparso dagli OPAC delle Biblioteche, ma al quale hanno dedicato una moneta d’oro con tanto di data di nascita e morte. Che fai, ti perdi delle informazioni del genere? Insomma, pure i finalisti sono interessanti se guardati con gli occhi di due psicopatici.
Quindi? Quindi ci siamo ritrovati in mare aperto senza neanche rendercene conto, lontani, lontanissimi dalla riva e con una sola possibilità: continuare a nuotare.
Abbiamo deciso di non tralasciare nulla nella ricerca – coerentemente con le nostre capacità di analisi, la nostra tenuta mentale e le competenze nell’uso di excel, si intende – e di suddividere quanto trovato in tre grandi macro aree. Da un lato gli autori, dall’altra parte gli editori e al centro di tutto i libri. Sì, proprio i libri, intesi come oggetto fisico, come opera letteraria, come vero fulcro del premio. Allora partiamo proprio dai libri, dall’oggetto dei nostri desideri, delle nostre fantasie e dei nostri problemi interpersonali.
Annunciazione: questa puntata è stata modificata dopo la proclamazione della cinquina a sei nomi, della sestina per cinque posti, sei libri per cinque dita, insomma ci siamo capiti. Ne hanno parlato tutti, un evento straordinario, inaspettato. E se vi dicessimo che invece non si tratta di una mosca bianca? Proprio così, non avremmo dovuto parlarvene adesso, ma il nostro database non sbaglia. La sestina è una questione di otto edizioni: esatto, c’erano già state ben sette sestine, che sono un po’ come i trentatrè trentini che entrarono a Trento. La prima sestina fa la sua comparsa al Premio Strega nel 1953. L’inaspettata sestina era diventata quasi una normalità negli anni sessanta, quali altri sennò?, con ben tre edizioni: ’60, ’61 e ’63. E poi? Beh, per mantenere una certa abitudine alle eccezioni vi è stata un’edizione negli anni ’70, precisamente nel 1979, e una negli anni ’80 ovvero nel 1986. E l’ultima? Alla fine del secolo, edizione 1999. Per cui, a ben vedere, sono gli anni 2000 ad averci disabituato all’idea della sestina che oramai, dal 1960, può considerarsi un vezzo che ogni tanto Lo Strega si permette ben volentieri.
E se vi dicessimo che questa sestina è molto, ma molto vicina, a quanto il nostro magico algoritmo aveva predetto? A dirlo adesso, siamo bravi tutti, avete ragione. Ma abbiate fede, torniamo alla puntata come sarebbe stata prima dell’intrusione della sestina e ricordate: vi forniremo i numeri, dati alla mano, sul perché questa sestina è la cinquina statisticamente più coerente.
Ripartiamo con un’analisi di genere, una tematica moderna e contemporanea. È vero che il Premio Strega non è gender fluid? Cioè, è vero che è un premio per soli romanzi e che discrimina un libro diverso? In realtà, nonostante quanto si creda, il Premio conta ben 10 raccolte di racconti tra i suoi vincitori (pari al 13,7% del totale) e due testi più vicini alla saggistica, alla biografia che alla vera forma romanzo. Certo, il romanzo fa da padrone indiscusso con uno schiacciante 83,56%, ma è sempre stato così? Come chi di voi è uno studiato dovrebbe sapere, c’è stato un tempo in cui le leggi del mondo erano diverse.
Delle dieci raccolte di racconti ben sei appartengono al decennio degli anni ’50: Pavese, Moravia, Bontempelli, Comisso, Bassani e Buzzati sono i sei autori che hanno strappato l’ambito premio sfruttando il potere del racconto. Una fotografia di quello che era il panorama letterario italiano, di una maggiore fruibilità, spendibilità e forse attenzione al racconto. Basti pensare che le ultime raccolte vincitrici sono firmate Magris – Microcosmi (1997) – e Dacia Maraini – Buio (1999). E gli anni duemila? Nessun raccontista sembra aver fatto abbastanza, nessuna raccolta di racconti essersi eretta tra le schiere ben nutrite di romanzi.
Ma i dati delle cinquine e dei finalisti, ci dicono qualcosa di diverso? Sì e no, come prevedibile le statistiche sembrano seguire la stessa logica. Il romanzo sfiora o supera la soglia del 80% di presenza, con il racconto che riesce a far capolino con uno, due, al massimo tre rappresentanti per edizione, senza quasi mai varcare la soglia della cinquina. I decenni più fortunati? Ovviamente gli anni ’50 che segnano ben 12 raccolte arrivate in cinquina che valgono il 24% delle presenze totali dei racconti: attenzione, 12 in cinquina e ben 6 vincitori, che valgono una percentuale del 50% per un titolo presentato tra i cinque di strappare il primo posto. Incredibile ma vero, la medaglia d’argento va agli anni ’90 con 8 raccolte tra i primi cinque titoli dello Strega. Agli anni ’70 e ’80, a pari merito, la medaglia di bronzo con sole 4 presenze a decennio e, curiosa coincidenza, anche un solo vincitore in entrambi i casi.
Se è vero che la percentuale di raccolte capaci di vincere Lo Strega è davvero bassa (il 13,7% dei casi, lo ricordiamo) è anche vero che, osservando un altro parametro, la già accennata efficienza da cinquina, potrebbe spingere a rivalutare le cose. Infatti sono soltanto 35 le raccolte arrivate in cinquina a fronte di 10 vincitori, cosa significa? Beh, che se la vostra raccolta di racconti arriva in cinquina ha una possibilità su 3,5 di vincere il Premio. Non male, vero? Pensateci la prossima volta che bistrattate i racconti: se scritti bene sono molto più efficaci di un romanzo, lo dicono i numeri. Beh, negli anni ’50 potevate contare su una possibilità su due, ma non è il momento di fare tanto i difficili.
Dopo la pubblicità occulta ai racconti – dei quali siamo entrambi, per motivi diversi, devoti e praticanti adoratori – passiamo a un altro argomento al centro del dibattito stregato: è vero che vincerlo fa aumentare le vendite? Copie vendute e fama vanno spesso a braccetto ed è opinione comune che il romanzo vincitore sia destinato a imperitura memoria, l’autore alla immortale fama, un ingresso nell’Olimpo dei più grandi. Beh, certo, ma non per tutti.
Lo sapevate, infatti, che ben il 27,4 % dei libri vincitori non sono più in catalogo? Sì, 20 libri su 73, potete trovarli in biblioteca, in vendita sulle bancarelle dell’usato, ma non esistono più ristampe, nuove edizioni, grafiche moderne. Niente. Altro che imperitura, sembrerebbe che anche lo Strega abbia la sua data di scadenza, soprattutto se osserviamo il destino dei libri arrivati in cinquina. Qui la situazione diventa a tratti inquietante: metà dei libri fa parte del reparto archeologia narrativa, e ci sono annate – le chiameremo le invecchiate male – che segnano addirittura zero libri in catalogo: 1972, 1980, 1983 e 1985.
Da quest’ultima informazione possiamo già fiutare puzza di anomalia. I libri invecchiano tutti allo stesso modo? Non essere più in catalogo è solo una questione d’età? Certo, per i libri degli anni ’10 con cinque, sei, sette anni di vita era difficile ipotizzare l’uscita dal catalogo: tutti i libri sono ancora salvi, ma per gli anni duemila? Beh, circa il 38% dei romanzi in cinquina non hanno più posto nei nuovi cataloghi. I vincitori sono sopravvissuti, ma tra gli altri iniziano a esserci le prime vittime.
E se tornassimo un po’ più indietro? Già negli anni ’90 troviamo i primi libri vincitori, lusingati e accarezzati dalle lunghe dita dell’immortalità, e poi dimenticati: un buon 30%. Più saltiamo nel passato e maggiore diventa la percentuale di oblio, ma attenzione, ancora una volta gli anni ’50 sembrano raccontare un’eccezione. Non solo in quegli anni andavano fortissimi i racconti, ma pare che siano arrivati in finale libri diventati poi dei veri e proprio classici moderni. Sia osservando la cinquina sia concentrandoci sui vincitori notiamo delle percentuali più basse degli anni ’80, ’70 o ’60. Le prime edizioni del Premio sembrano aver portato più fortuna ai libri stregati: solo il 20% dei vincitori, infatti, nonostante i 70 anni trascorsi, non sono più in catalogo. Ma usciamo dai depositi e dai magazzini, c’è troppa polvere e siamo allergici. Torniamo alla luce del sole.
Immaginiamo di avere davanti a noi le prime edizioni dei 73 romanzi vincitori e proviamo a guardarli di profilo. Notate niente di strano? Sì, posizionateli su una lunga linea temporale e osservate il girovita. Esatto, alcuni sono magri come un’alice e altri dei veri e propri elefanti. Ma allora lo Strega è un premio dai libroni da 500 pagine o favorisce dei libri più agili e snelli? Non sapevamo cosa aspettarci da questa analisi, invece abbiamo ottenuto dei dati con una ripetitività quasi scientifica. Lo sapevate che mediamente il libro vincitore si attesta sulle 250 pagine? Ma che la presenza di un picco per ogni decennio porta la reale media a 320, pagina più pagina meno. Sembrerebbe esserci una lunghezza ideale che, periodicamente, subisce delle impennate verso i cosiddetti mattoni e delle picchiate verso il basso con libri di un centinaio di pagine.
Il libro più voluminoso, non è un mistero, è stato La scuola cattolica di Albinati (1294 pagine per il vincitore dell’ed. 2016), ma conoscete il romanzo con il minor numero di pagine? Ve lo diciamo noi: Un altare per la madre, di Camon, edizione del 1978 con sole 120. Anche questo è un record.
Come? A guardare i libri suddivisi per decennio si nota dell’altro? Che vista, ragazzi. Anche in questo caso possiamo tirare fuori dei dati piuttosto interessanti: qual è il decennio dei libroni e quale quello dei libretti? Le ultime dieci edizioni, 2000/19, segnano una media di 464 pagine, mentre agli anni ’70, con appena 225, va lo scettro dei libri più snelli. Questa mania dei libri enciclopedici è abbastanza recente, signori, è tutta colpa nostra – e a guardare la progressione in atto proprio dagli anni ’70 ad oggi non è impensabile immaginare ancora una crescita verso l’alto del numero di pagine. O siamo arrivati al punto di massimo e i libri torneranno ad avere taglie più piccole? Ai posteri l’ardua sentenza.
Prima di salutarci, vi lasciamo con i compiti per casa. La prossima puntata vedrà la lente d’ingrandimento puntata sul rapporto editore/autore. Quante possibilità ha un esordiente di partecipare allo Strega, di entrare in cinquina o di vincerlo? Quali editori sono stati i più presenti? Esiste un momento giusto, nella propria carriera letteraria, per sperare di vincere lo Strega? Queste sono solo alcune delle domande che ci hanno tolto il sonno.
Preparate le vostre risposte perché la realtà non sempre è quel che sembra.
Una piccola curiosità. Nel 2000 e nel 2019 hanno vinto due titoli con una strana affinità: N. di Ferrero e M. di Scurati, Napoleone e Mussolini. Sarebbe divertente ritrovarsi, nell’edizione del 2038 per coincidenza statistica, dopo altri 19 anni, un libro vincitore dal titolo L. Lasciamo alla vostra libera interpretazione il nome del personaggio di riferimento, noi siamo indecisi tra L di Luttazzi o L di Lenin.
puntata precedente Operazione Strega
Pasolini applaudirebbe a questa vostra ricerca
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