Chi frequenta questo spazio sa che sono un’assidua lettrice di riviste letterarie e di collettivi di scrittura. Amo scoprire nuove storie e nuove voci. La cultura, si sa, è universo vasto e sconfinato. Lo sa bene Formicaleone che ha deciso di ricreare un cammino culturale in uno spazio digitale, di volgere lo sguardo verso l’infinito e di giocare con l’impossibile.

- Come nasce Formicaleone?
Valentina Di Cesare – Nasce nel 2019 ma senza alcuna progettualità precisa. Avevo solo esigenza di creare uno spazio libero di condivisione letteraria, immune da gruppi precostituiti, consorterie, mode, posture.
Iole Cianciosi – Formicaleone nasce da una bella intuizione di Valentina Di Cesare, pertanto solo lei può fornire i motivi più autentici di questa fondazione. Io da parte mia posso testimoniare quanto sia stato un bene che questo sia avvenuto. Non solo perché faccio parte della redazione della rivista, ma anche perché credo che Formicaleone risponda, cercando di mantenere un livello qualitativo alto, ad una generale idea di diffusione della cultura nel contesto della rete digitale.
Mimma Rapicano – Io sono arrivata a Formicaleone su invito di Iole Cianciosi. Ho conosciuto Iole quando scrivevamo entrambe per Casa di Ringhiera. Un giorno mi manda un messaggio e mi dice che Valentina cerca nuovi collaboratori per il suo blog. Da lì è iniziato tutto. Il primo articolo su Formicaleone l’ho pubblicato nel settembre dello scorso anno. Ma se dovessi dare una data all’inizio del nuovo corso della rivista è il 30 aprile di quest’anno. Quel giorno abbiamo fatto la prima riunione di redazione in videoconferenza. Superato il mio imbarazzo, era come se le conoscessi da sempre.
- Quali caratteristiche deve avere una storia per entrare a fare parte di Formicaleone?
VDC – Selezioniamo in base a parametri piuttosto usuali: correttezza formale del testo in primis. Poi subentra il gusto ma in questo siamo molto caute.
IC – Affinché una storia venga ospitata tra le altre storie presenti nella nostra rivista non ci sono parametri molto stringenti. Fermo restando la selezione attenta e la cura che dedichiamo alla scelta dei contributi che ogni giorno riceviamo. Le storie che arrivano ci devono piacere, semplicemente, devono essere ben scritte, possibilmente non banali ma originali.
MR – Un racconto, breve o lungo che sia, deve essere scritto bene! Avere ritmo, il giusto equilibrio tra il pieno occupato dalla storia e il vuoto che si lascia per il lettore. Poi, se consultiamo manuali e saggi di scrittura, di regole ve ne sono una bella quantità. Ma il nostro intento non è quello di analizzare e mettere sotto esame chi invia i suoi testi. In redazione siamo in tre, e ognuno di noi ha gusti diversi. A volte un racconto o una poesia ci colpisce allo stesso modo, altre no. E non è soltanto una questione di gusto ma di percezione. Credo che capiti anche a te quando scegli i racconti da inserire nella tua rubrica settimanale.
- Fate editing sui testi che vi arrivano? C’è uno scambio tra gli autori e la redazione?
VDC– Rispettiamo molto tutti gli autori e non partiamo da posizioni di superiorità nei confronti di nessuno. Se ci sono punti nei testi che non ci convincono, contattiamo l’autore e ne parliamo con lui per decidere il da farsi.
IC – Quando ci arriva un testo evitiamo sempre di apportare modifiche, piuttosto, se il testo richiede degli aggiustamenti, contattiamo gli autori per spiegare che cos’è che non va e come potrebbe essere modificato.
- Mi ha molto colpito la scelta del vostro logo. Vi andrebbe di raccontarmelo.
VDC: Il nuovo logo simboleggia il desiderio di guardare oltre, di spingersi più in là, nonostante i piccoli imprevisti che non mancheranno. A livello cromatico è molto più minimale rispetto a quello che avevamo fino a qualche mese fa e rappresenta in pieno, secondo me, l’obiettivo che ci siamo poste.
IC – Quello che era l’iniziale logo, disegnato da Giuliana Reale, ad un certo punto ha subito una metamorfosi quasi in chiave naturalistica, per rispecchiare, diciamo, il nome faunistico che ci contraddistingue. Questo per dire che le cose cambiano. Il nuovo logo, che rispecchia il generale rinnovamento della forma della rivista, è stato disegnato da Mimma Rapicano ed è altrettanto bello quanto il primo. Non a caso è subito è piaciuto alla redazione intera.
MR – Durante le nostre riunioni, oltre a confrontarci sulle letture e programmare le varie uscite per tutto il mese, discutiamo dei progetti futuri. Ognuno di noi porta le sue idee, i progetti da realizzare insieme. Guardiamo avanti, nonostante viviamo un presente incerto. Il futuro, o l’idea di futuro che avevamo fino a qualche mese fa, è stato stravolto, per tutti, per il mondo intero. In un certo senso navighiamo a vista e per cercare il futuro ora abbiamo bisogno di un bel cannocchiale. Ecco la scelta dell’omino con ombrello e cannocchiale. Un’immagine che ho trovato in un vecchio volume di incisioni vittoriane. Quel disegno mi è sembrato la metafora perfetta per ciò che ci accingevamo a creare. Con l’ombrello ci ripariamo dalle intemperie del tempo e con il cannocchiale guardiamo lontano per esplorare nuove rotte e, magari, approdare in porti diversi.

- Tra le scritture non solo racconti ma anche poesie. Narrazioni tra assedio e resa alle vite che abitiamo.
VDC: Certo. Ogni forma di espressione, purché autentica, è ben accetta.
IC: Certo. Ospitiamo racconti, poesie, contributi critici, recensioni; inediti e non. Offriamo riparo a voci, storie, alle varie forme con le quali la letteratura di volta in volta si mostra.
MR – Scrivere è giocare a scacchi con la morte. Si sceglie di narrare, in versi o prosa, per svariati motivi. Ogni autore ha la sua camera oscura e da lì fa i conti con la sua esistenza. “Si scrive per ricordare, ripeto. Ma si scrive anche per dimenticare, per rendere inoffensivo il dolore, biodegradarlo, come si fa coi veleni della chimica. Può essere una vernice, la scrittura, che ci anodizzi i sentimenti e li protegga dalle salsedini della vita”, scrive Gesualdo Bufalino.
- Scrivere, come leggere, ti permette di accedere all’impossibile. Formicaleone ci riesce attraverso i “Dialoghi”: una serie di interviste impossibili tra Gesualdo Bufalino le scrittrici e gli scrittori del nostro tempo.
VDC – Il progetto è nato dalla illuminante intuizione di Mimma Rapicano e proseguirà ogni anno con un autore diverso. È un escamotage avvincente e originale per favorire l’incontro tra scrittori del passato e del presente ma soprattutto per incuriosire i lettori a percorrere nuove strade.
IC – I Dialoghi sono figli di una geniale idea di Mimma Rapicano. Abbiamo iniziato con un nome importante, quello di Bufalino, ne seguiranno altri. Se si guarda attentamente sul sito, tra l’altro, si può intuire anche chi sarà il prossimo scrittore da far dialogare con la contemporaneità. L’idea dei Dialoghi rappresenta una sorta di squarcio spazio-temporale fatto di parole, se ci pensiamo questo format permette di fare qualcosa di impossibile, che infrange le leggi della fisica. Anche in questo risiede la forza della letteratura.
MR – L’idea impossibile è nata per omaggiare Bufalino, di cui sono appassionata lettrice. Quest’anno si celebra il centenario della sua nascita ma, per inspiegabili motivi, alcuni suoi libri, tra cui Cere perse, sono fuori catalogo. Una cosa assurda! L’ho letto più volte ed è tra quelle pagine che mi è nata l’idea di far dialogare lo scrittore siciliano con uno contemporaneo. A febbraio non pensavo di riuscire a coinvolgere tanti scrittori, ma Valentina e Iole mi hanno sempre sostenuta. È questo che si fa in una redazione, sostenersi a vicenda, perché un progetto non è nulla se non è condiviso.
- Aprendo il vostro sito ho l’impressione che Formicaleone assomigli a un cammino ideale verso un punto lontano. Un intreccio di voci, luoghi e idee. Un sogno ancorato alla realtà.
VDC – Se è così, vuol dire che Formicaleone somiglia alla letteratura: un nonluogo infinito e libero dove vivere migliaia di vite.
IC – Dici bene. Formicaleone è una rete a maglie larghe, un’osteria che ospita poeti, scrittori, critici letterari. È un’idea che stenta a stare ferma, si muove, si evolve, si infittisce di proposte nuove.
MR – Questa cosa che dici è bella, e ripaga di tutti gli sforzi che stiamo facendo. Grazie. Sì, quello che vogliamo creare è proprio un “intreccio di voci”, non soltanto le nostre. Prova di ciò sono le nuove collaborazioni con Sara Del Vecchio, Isabella Bignozzi, Vladimir Di Prima, Michele Luciano e Raffaele Alteri. E poi c’è la collaborazione con Renato Minore che ogni mese ci regala una delle sue meravigliose interviste fatte ai grandi della letteratura italiana.
- Resto su “Dialoghi” (si capisce che l’adoro, sì?!) e mi permetto di girarvi una delle domande di Gesualdo Bufalino “In principio fu il Verbo, dicono. Vennero poi la Scrittura e la Lettura, speculari sorelle. Vogliamo dirla tutta? Nell’istante in cui l’appassionato di novità … si segregò a dilettarsene privatamente nel cerchio avaro di una lucerna, in quell’istante egli si condannò a patire le stesse equivoche estasi di chi ama non una donna di carne ma un pensiero di donna nella sua mente. A questo punto leggere divenne un vizio. Leggere per me significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu, in qualche modo, una pratica cannibalesca. (da LEGGERE, VIZIO PUNITO)”
VDC – Leggere non significa sempre la stessa cosa, dipende dai momenti in cui lo si fa. Il più delle volte per me è una sana fuga, seppur senza meta.
IC – Leggere per me è un modo di vivere un’altra atmosfera o un’altra vita. Non è il posto lontano ed esotico che raggiungo dopo una fuga da qualcosa, non è un ripiego. È la meta che mi pongo nel quotidiano, è un modo di vivere la vita. Ieri notte ho sognato di conoscere un Cormac McCarthy che inspiegabilmente aveva le fattezze di Tom Waits, gestiva una libreria che al contempo era la sede della sua casa editrice, tutto affianco casa mia, in Abruzzo. Credo che la letteratura debba fare questo: amplificare il contesto in cui viviamo, farci provare sensazioni insolite mentre stiamo fermi sulle poltrone delle nostre case, su sedili polverosi di treni in corsa, sul tram, in metropolitana.
MR – Leggere può portare lontano o può essere un modo per trovare un riparo alle proprie inquietudini. Spesso accade che ci si identifica in quelle vite di carta e leggere diventa un vizio, come scrive Bufalino, un’ossessione. Ci sono letture folgoranti, scrittori che ami più di altri, da cui prendi tutto e ai quali dai tutto. Per anni sono stata legata allo stesso albero di Aureliano Buendia, Macondo era la mia città ideale. Poi il tempo scorrere e con esso la vita. Le esperienze, le sofferenze modificano e cambiano la visione del mondo e di ciò che ti circonda. Allora è inevitabile che arrivino a te altri scrittori. Leggere è un desiderio che non si appaga mai, un amore irraggiungibile.
Scrivere è giocare a scacchi con la morte. Si sceglie di narrare, in versi o prosa, per svariati motivi. Ogni autore ha la sua camera oscura e da lì fa i conti con la sua esistenza
- Continua il momento favorevole per le riviste. Ne stanno nascendo di nuove, alcune stanno passando anche al cartaceo e molti sono gli eventi culturali che le hanno viste protagoniste. Cosa significa fare una rivista oggi in Italia?
VDC – La rivista è fatta da individui, è l’impostazione che le si dà a fare la differenza, non l’oggi né il domani. Sicuramente fino a qualche anno fa l’accesso alla lettura seguiva logiche diverse e le istanze sociali e culturali che ispiravano gli intellettuali si fondavano su basi completamente differenti, c’erano molte conquiste essenziali e urgenti da fare. Non so bene cosa significa creare una rivista oggi ma so che non vorrei che Formicaleone fosse un luogo vuoto, un trionfo di vanti passeggeri e di parole inutili.
IC – Fare una rivista oggi in Italia significa essere animati da audacia e perseveranza. Significa fidarsi della gente. Dell’Italia si parla sempre come di un Paese assediato dalla crisi economica, ma pochi raccontano di quanto sia viva e dinamica sotto l’aspetto delle idee, delle iniziative e dei progetti in campo letterario e culturale.
- Cosa c’è oltre l’orizzonte?
VDC – Oltre l’orizzonte ognuno fortunatamente cerca ciò che più desidera. Io cerco sempre di fuggire da qualsiasi tipo di costrizione ed è per questo che leggo.
IC – Ho due tipi di orizzonti a cuore: quello dell’Adriatico, con l’acqua che sfiora il cielo (un orizzonte classico) e quello della Majella che col monte Amaro sfiora sempre il cielo. Aggiungerei a questi un orizzonte di tipo letterario, condiviso con Jay Gatsby: la luce verde delle sue speranze, che sono anche un po’ le mie.
MR – Per me l’orizzonte non esiste. È soltanto una sottile linea di cui il nostro occhio ha bisogno. Necessitiamo di confini, per non impazzire. Quindi “oltre l’orizzonte” c’è la voglia di non fermarsi, di continuare a navigare, sempre, costantemente, con una insaziabile curiosità.
Grazie Formicaleone!