Chi frequenta questo spazio sa che sono un’assidua lettrice di riviste letterarie e di collettivi di scrittura. Amo scoprire nuove storie e nuove voci. Oggi incontro Salmace. Una rivista letteraria di Narrazioni e Metamorfosi. Cambiare è un gioco continuo che coinvolge ogni sfera dell’esistenza, raccontarlo non è mai facile. Creare uno spazio in cui accogliere chi ha voglia di farlo come spinta verso l’evoluzione.

- Come nasce Salmace?
La rivista è nata in un certo senso per caso, ma da un’esigenza comune a entrambi. È stata un’idea buttata lì e che ci ha entusiasmato subito, perché volevamo provare l’ebbrezza di dirigere un nostro “contenitore” di scritture. Abbiamo iniziato a parlarne, e quell’entusiasmo da magma fluido si è coagulato fino a portare Salmace a essere una realtà concreta.
- Quali caratteristiche deve avere una storia per entrare a farne parte?
Se ci è consentita una banalità, deve essere prima di tutto scritta bene. Abbiamo deciso di concentrarci sul tema della metamorfosi e questo topos rimane quello principale, come enunciato dal nome stesso che rinvia alla mitologia classica e a Mario Soldati. Pian piano però, in modo quasi naturale, abbiamo allargato il bacino di accoglienza. Ci è parso ovvio considerare la metamorfosi in modo meno stringente: non è forse una metamorfosi l’adolescenza, ad esempio? Lo scarto di vita dopo la perdita di una persona cara?
Insomma, scegliamo in base a due criteri: la bella scrittura e il racconto di un cambiamento, al netto del genere letterario.
- Fate editing sui testi che vi arrivano? C’è uno scambio tra gli autori e la redazione?
Fare editing ai testi in arrivo è stato da subito un punto programmatico di un manifesto mai scritto. Entrambi sapevamo che il progetto che stavamo tirando su avrebbe previsto il momento dell’editing. Crediamo che farlo sia importante per la salute del testo, oltre ad essere il momento veramente importante nell’esperienza del fare rivista. Il dialogo che intercorre in quel momento tra autore ed editor è un processo di doppia crescita: l’autore abbandona la cieca fedeltà nel proprio testo e così facendo inspessisce la consapevolezza nella propria scrittura; d’altro canto, noi cresciamo proprio approcciandoci alla scrittura in maniera rudimentale. Per questo quando facciamo editing cerchiamo di sviscerarne tutte le componenti, dallo stile alla struttura narrativa. Diventa – egoisticamente – un modo intimo di conoscere la scrittura. Il fatto di essere una realtà ancora piuttosto piccola ci consente di fare editing in maniera profonda finché non siamo pienamente soddisfatti, senza limitarci a un classico “compitino”. I feedback degli autori che abbiamo ospitato ci dicono che questo modus operandi viene molto apprezzato.
- Perché scegliere di creare una nuova rivista?
Un motivo, probabilmente il principale, l’abbiamo spiegato nella domanda precedente. Si potrebbe riassumere quindi affermando che creare una nuova rivista significa crearsi il proprio punto di vista privilegiato sull’oceano della scrittura. Ma in secondo luogo creare anche un luogo virtuale che sia un nuovo posto d’accoglienza della sperimentazione letteraria. Infine, il confronto con gli autori aiuta ad affinare le nostre stesse abilità di scrittura, a entrare in empatia con altri.

- Parliamo delle splendide illustrazioni che accompagnano i vostri racconti.
È un aspetto di cui siamo particolarmente orgogliosi, il dialogo fra letteratura e arti visuali. Più che per gli scrittori, è un ambito nel quale serve lo scouting, l’avere le antenne drizzate. Abbiamo coinvolto amici, autori che abbiamo incrociato in precedenti collaborazioni, artisti adocchiati su Instagram e che ci hanno rapiti, o addirittura artisti con una carriera lunga alle spalle. La cosa importante da sottolineare è che lasciamo libertà artistica totale a chi collabora con noi: una volta letto il testo, si è liberi di declinarlo a proprio piacimento. La nostra sezione racconti inizia ad essere una teca pregiata, o un piccolo museo, forse perché cerchiamo di non affidarci a una sola firma, ma confidiamo ogni volta nell’estro creativo di un nuovo artista.
- Salmace è nata a inizio anno. Questi primi mesi sono stati come ve li aspettavate?
Senza dubbio c’è stata un’accoglienza calorosa da parte della cosiddetta bolla, e ci siamo tolti anche soddisfazioni importanti per essere fra gli ultimi arrivati sulla scena. Siamo soddisfatti, ma ci piacerebbe fare ancora di più.
- Qual è il cambiamento che vorreste contribuire a realizzare con Salmace?
Sarebbe tracotante da parte nostra pensare che il nostro piccolo operato possa creare un grande cambiamento. Crediamo piuttosto nel potere quotidiano e a tratti banale che può arrivare dal leggere un buon racconto, o la felicità di un autore di sapere che il suo lavoro è stato premiato. Se poi invece il nostro lavoro farà la differenza sulla “scena” lo sapremo solo continuando a farlo al meglio.
- Sembra un momento favorevole per le riviste. Ne stanno nascendo di nuove, alcune stanno passando anche al cartaceo e molti sono gli eventi culturali che le hanno viste protagoniste. Cosa significa fare una rivista oggi in Italia?
In primo luogo, forse, vuol dire avere un amore fisico per la scrittura, sentire la necessità di creare occasioni per tessere contatti con la comunità letteraria. Non è per un mero autocompiacimento, ma per sentirsi parte di un organismo ormai vasto e vitalissimo.
Grazie Salmace!