Una settimana di racconti #123

Mi piace fantasticare su quali saranno gli autori che troveremo domani negli scaffali delle librerie. Se posso farlo è anche grazie al lavoro che fanno le riviste letterarie e i collettivi, che continuano a dare la possibilità agli scrittori di poter condividere i loro racconti senza necessariamente dover aspettare di farne un libro, agli autori sconosciuti di muovere i primi passi e a noi lettori di scoprire in che direzione muoverà la letteratura di domani. Fortunatamente di riviste (di carta e online) e di collettivi ce ne sono tantissimi ma sfortunatamente non ho il tempo di leggerli tutti .

Questa non è una classifica ma solo un riepilogo dei racconti che ho letto e che mi sono piaciuti questa settimana.

La vita di Franco Galilei aveva improvvisamente perso di senso. La noia, codarda più della compagnia telefonica e dei suoi cavi, arrivò presto, senza rallentamenti e senza buffering, costante e impietosa. Il bunker, disconnesso, perdeva di senso e quei libri prima intorrettati sembravano essere l’unico strumento di svago in attesa di riprese della rete: quelli di Booghie, ne era sicuro, si sarebbero accorti delle sue mancate connessioni e l’avrebbero convocato, aiutato, salvato dalla comune ignoranza.

Franco di Graziano Gala su Narrandom

Ignoranza militante.

Parlavamo pochissimo ma scopavamo tanto, fino a farci male, io e June. Eravamo coperti da lividi, piaghe, sfoghi della pelle, tagli, ecco, tanti tagli, tagli rossi, piacevoli da sfregare, sulla pelle, quando si cicatrizzavano e diventavano crosta secca marroncina, tutta da grattare, da stuzzicare.

June di Paolo Gamerro su Split (Pidgin)

Investimenti umani.

Sei inaccessibile, adesso. Sei come un personaggio di Perec. Ma tu non dormi. Tu resti sveglio e ricordi e rimetti in fila – ci provi – tutto, ricostruisci tutto ciò che è distrutto.

Le ricostruzioni di Andrea Donaera su Morel

Quello che è stato.

“Ma gli farà bene lo zucchero?” ti chiedi tu. “E il cacao, non è difficile da digerire per molte specie?”

Dovremmo informarci, in effetti, per evitare che stiano male, o che facciano star male le loro larve, che non ho mai avuto il piacere di vedere, perché sono ben nascoste nelle aiole del cortile.

Io, di mio, spero almeno che le formiche abbiano l’accortezza di tenersi lontane dalle zone presidiate dai ragni – vorrei continuare ad avere buoni rapporti con entrambi gli artropodi, e spero di non dover mai gestire una crisi diplomatica.

Prose Selvatiche- Tre fogli d’album di Claudio Morandini su Zest

Piccole cose nuove, antiche sensibilità

 E inoltre:

  • “L’urlo del mese di maggio è un coro” l’editoriale di TerraNullius
  • Stellavista  il nuovo numero de L’Inquieto

Buone letture!

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